La Resistenza contro il fascismo antievangelico intraecclesiale.

 

"il Manifesto" del 14 marzo 2013 ha dimostrato coraggio nel denunciare i crimini perpetrati dal fascista argentino Bergoglio Jeoge. Questi crimini ed il tentativo di esaltarli mediante l'usurpazione della carica pontificia offendono i Cristiani autentici ed onesti, oltre che la Chiesa cattolica universale e l'intera umanità, dimostrando la necessità di una seria elaborazione di una radicale riforma della struttura ecclesiastica e della dottrina cattolica, in senso evangelico e democratico.

Il tentativo satanista di neutralizzare la valenza rivoluzionaria del messaggio evangelico di liberazione degli oppressi e degli sfruttati si sviluppa mediante due direttrici perverse e malvagie, entrambe finalizzate a legittimare lo sfruttamento dei lavoratori e l'ottundimento della capacità di ragionamento degli oppressi.

Una di queste due direttrici perverse attenta alla struttura ecclesiastica dall'interno della sua organizzazione, mediante le strutture del fascismo pederastico intraecclesiale. L'altra invece attacca dall'esterno la Comunità cristiana ed il Vangelo di Cristo mediante le persecuzioni laiciste e l'ateismo militante.

Resistere e contrastare il satanismo fascista e pederastico intraecclesiale non sarà difficile. La lotta culturale di resistenza compiuta dagli intellettuali illuminati sta mettendo a dura prova la malvagità e la schizofrenia del fascismo intraecclesiale. Prova ne sia che i fascisti, i quali solitamente preferiscono gestire dall'occulto lo sfruttamento delle masse,  ultimamente sono stati costretti a venire a galla, dimostrando di saper galleggiare così come avviene con i rifiuti organici.


 

 

 “il Manifesto” 14 marzo 2013

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9186/

 

HABEMUS PAPAM - sociale

 

Torture e morte

per i preti del popolo

 

Filippo Fiorini

14.03.2013

 

Nel libro El Silencio, l'intellettuale e giornalista argentino Horacio Verbitsky racconta che, ai tempi della dittatura militare, il nuovo papa si schierò con i generali e contro i preti che predicavano nelle baraccopoli

 

Aveva mancato di un soffio l'ultimo conclave, ma non ha sbagliato quello di ieri, l'uomo che oggi il mondo conosce come Francesco I. Tuttavia, dietro a quel nome che sbandiera un voto di povertà, ce n'è un altro, Jorge Mario Bergoglio, che proprio nel suo rapporto con i poveri nasconde quello che per alcuni è il suo peccato più grave. Nel libro El Silencio, l'intellettuale e giornalista argentino Horacio Verbitsky racconta che quando a Buenos Aires correvano i tempi della dittatura militare, i generali al governo, per lo più intenti a sterminare gli oppositori politici, si resero conto della presenza scomoda di alcuni preti che passavano le loro giornate nelle baraccopoli.
Davanti alla fame e l'ignoranza del loro gregge, questi sacerdoti mandati nelle chiese a cielo aperto della città di lamiere, avevano compiuto il gesto rivoluzionario di affiancare alla messa anche qualche corso d'istruzione elementare e qualche pentolone da cui chiunque potesse mangiare. Un fatto di per sé innocente, non fosse che queste azioni venivano compiute alla luce della Teologia della liberazione, quell'idea strana che mette nel frullatore il Vangelo di San Matteo e il Capitale di Carlo Marx, tirandone fuori una guida all'azione che non proibisce l'uso combinato di pistole e crocefissi.
I generali, guidati in quel momento da Jorge Rafael Videla, pensarono che la pratica fosse controproducente: i poveri è meglio che restino poveri e ignoranti, sia mai che si accorgano di essere sfruttati e decidano di rovesciare il governo. La Curia argentina, d'altra parte, che già all'epoca era guidata da Bergoglio, si trovò d'accordo: andava bene tutto, ma i preti comunisti proprio no. Fu così che, sempre secondo le testimonianze raccolte ne El Silencio, iniziarono le intimidazioni e le minacce da parte della Casa Rosada e della Chiesa nei confronti dei missionari delle baraccopoli. Don Yorio, don Jalics, don Douron e don Rastellini furono prima accusati di essere fiancheggiatori della guerriglia, poi sequestrati, portati in un campo di concentramento e torturati per giorni. Due di loro sopravvissero, mentre altri due no.