Carlo Maria Martini

 

 

 

La gioia del Vangelo

 


 

 Introduzione

 

La lectio divina

 

 

Il metodo patristico della lectio divina è semplicissimo e lo raccomando sempre ai giovani per entrare nella preghiera. Fondamentalmente prevede tre gradini o momenti successivi:

 

 

- la lectio consiste nel leggere e rileggere la pagina della Scrittura, mettendo in rilievo gli elementi portanti. Per questo consiglio di leggere con la penna in mano, sottolineando le parole che colpiscono, oppure richiamando con segni grafici i verbi, le azioni, io soggetti, i sentimenti espressi o la parola-chiave.

         In tal modo la nostra attenzione viene stimolata, l’intelligenza, la fantasia e la sensibilità si muovono facendo sì che un brano, considerato magari arcinoto, appaia nuovo. A me che da tanti anni leggo il vangelo succede, ad esempio, che riprendendolo in mano scopro ogni volta delle cose nuove proprio attraverso il metodo della lectio.

         Questo primo lavoro può occupare parecchio tempo, se siamo aperti allo Spirito: si colloca il racconto letto nel contesto più vasto, sia dei brani vicini, sia dell’insieme di un libro, sia dell’intera Bibbia, per capire che cosa vuol dire.

 

         - la meditatio è la riflessione sui valori perenni del testo. Mentre nella lectio assumo le coordinate storiche, geografiche, culturali anche, del brano, qui si pone la domanda: Che cosa dice a me? Quale messaggio in riferimento all’oggi viene proposto autorevolmente dal brano come parola del dio vivente? Come vengo provocato dai valori permanenti che stanno dietro alle azioni, alle parole, ai soggetti?

 

-         La contemplatio è difficilmente esprimibile e spiegabile. Si tratta di dimorare con amore nel testo, anzi di passare dal testo e dal messaggio alla contemplazione di colui che parla attraverso ogni pagina della Bibbia: Gesù, Figlio del Padre, effusione dello Spirito.

Contemplatio è adorazione, lode, silenzio davanti a colui che è l’oggetto ultimo della mia preghiera, il Cristo Signore vincitore della morte, rivelatore del Padre, mediatore assoluto della salvezza, donatore della gioia del Vangelo.

Nella pratica i tre momenti non sono rigorosamente distinti, però la suddivisone è utile per chi ha bisogno di incominciare o di riprendere questo esercizio. Il nostro pregare è come un filo rosso che collega un po’ le giornate l’una all’altra e può succedere che sullo stesso testo della Scrittura ci soffermiamo un giorno soprattutto con la meditatio mentre un altro giorno passiamo rapidamente alla contemplatio.

         La triplice distinzione, tuttavia, esprime in maniera appena embrionale il dinamismo della lectio divina, che in qualche mio libro ho spiegato in tutta la sua ampiezza. Tale ampiezza, infatti, prevede otto progressivi gradini: lectio, meditatio, oratio, contemplatio, consolatio, disctretio, deliberatio, actio.

         Mi sembra opportuno accennarli brevemente.

 

         - L’oratio è la prima preghiera che nasce dalla meditazione: Signore, fammi comprendere i valori permanenti del testo, che mi mancano, donami di capire qual è il tuo messaggio per la mia vita.

 

         E a un certo punto, questa preghiera si concentra nell’adorazione e nella contemplazione del mistero di Gesù, del volto di Dio. L’oratio si può esprimere anche in richiesta di perdono e di luce o in offerta.

 

         - La consolatio è molto importante per il nostro cammino di preghiera e sant’Ignazio di Loyola ne parla più volte nel suo libretto de Gli Esercizi spirituali. Senza questa componente, la preghiera perde di sale, di gusto. La consolatio è la gioia del pregare, è il sentire intimamente il gusto di Dio, delle cose di Cristo. È un dono che ordinariamente si produce nell’ambito della lectio divina, anche se evidentemente lo Spirito santo è libero di effonderlo quando vuole.

         Solo dalla consolatio nascono le scelte coraggiose di povertà, castità, obbedienza, fedeltà, perdono, perché è il luogo, l’atmosfera propria delle grandi opzioni interiori. Ciò che non viene da questo dono dello Spirito dura poco ed è facilmente frutto di moralismo che imponiamo a noi stessi.

 

         - La discretio esprime ancora più chiaramente la vitalità della consolatio. Infatti, mediante il gusto del Vangelo, mediante una sorta di fiuto spirituale per le cose di Crsito, diventiamo sensibili a tutto quello che è evangelico e a ciò che non lo è. Si tratta quindi di un discernimento importante perché noi non siamo chiamati solo a osservare i comandamenti all’ingrosso, ma a seguire Cristo Gesù. E la sequela non ha un’evidenza immediata nelle scelte quotidiane se non per così dire entranti nella mente di Gesù, se non abbiamo gustato la sua povertà, la sua croce, l’umiltà del suo presepio, il suo perdono.

         Questa capacità di discernere, nelle ordinarie emozioni e nei movimenti del cuore, il marchio evangelico è un dono così grande che san Paolo lo chiedeva per tutti i fedeli: «Vi sia data abbondanza di sensibilità - páse aistései, nel testo greco – perché possiate discernere sempre il meglio, ciò che piace a Dio e ciò che è perfetto» (cf Filippesi 1, 9-10; Romani 12, 2).

         Oggi la Chiesa ha estremamente bisogno della discretio perché le scelte decisive non sono tanto sul bene e sul male (non ammazzare, non rubare), ma su ciò che è meglio per il cammino della Chiesa, per il mondo, per il bene della gente, per i giovani, per i ragazzi.

 

         - La deliberatio è un successivo passo. Dalla esperienza interiore della consolazione o della desolazione, impariamo a discernere e, quindi, a decidere secondo Dio.

         Se analizziamo attentamente le scelte vocazionali, ci accorgiamo che hanno, magari inconsapevolmente, questo andamento. La vocazione, infatti, è una decisione presa a partire da ciò che Dio ha fatto sentire e dall’esperienza che se ne è fatta secondo i canoni evangelici.

         Anche la deliberatio, come la discretio, viene coltivata in particolare mediante il dinamismo della lectio divina.

 

         - L’actio, infine, è il frutto maturo di tutto il cammino. La lectio e l’actio, perciò, la lezione biblica e l’agire, non sono affatto due binari paralleli.

         Non leggiamo la Scrittura per avere la forza di compiere quello che abbiamo deciso! Invece, leggiamo e meditiamo affinché nascano le giuste decisioni e la forza consolatrice dello Spirito ci aiuti a metterle in pratica.

         Non si tratta, come spesso pensiamo, di pregare di più per agire meglio; ma di pregare di più per capire ciò che devo fare e per poterlo fare a partire dalla scelta interiore.

 

 

[Carlo Maria Martini, «La lectio divina», introduzione all'opera: «La gioia del Vangelo», Ed. Piemme, 1988].

 

 

 


 

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